Sessantotto artisti contemporanei hanno cercato di raccontare di cosa siamo profughi oggi in una mostra suggestiva che tocca varie tematiche. Il video e i grandi trittici di Emilio Tadini sono in esposizione fino al 13 luglio presso la Casa Museo Spazio Tadini in via Jommelli, 24 a Milano.
Un percorso emozionante, un viaggio che parte dalla riflessione sulla condizione dell’uomo di Emilio Tadini, dalla sua considerazione che tutti gli uomini sono destinati nella loro vita a diventare prima o poi profughi, a perdere le loro certezze, a dover ricominciare.
Le immagini delle popolazioni in cammino fanno parte della storia di tutti, così come ne fanno parte le resistenze delle popolazioni che li ricevevano… Sappiamo che chi riceve non è mai felice, ha paura che la sua terra sia depredata, violata. I visitatori hanno avuto appellativi che ne definivano l’aspetto negativo: forestiero che deriva da “essere fuori”, straniero che deriva da estraneo, “strano”: quindi diverso. Lo straniero può essere un portatore di “novità” una risorsa che quasi mai viene riconosciuta dagli ospitanti Lo storico dell’arte Marco Cianchi in uno scritto giovanile parlava dell’energia che viene emessa quando le genti si spostano, viaggiano, emigrano, coniò in quell’occasione la definizione di “entropia del viaggio”. Il veliero dell’Antico Marinaio di Coleridge in balia della grande ala della tempesta poco fuori del porto sicuro, della città protetta è il mio semplice raccontare in questo dipinto.
La differenza dei termini Migrante/Profugo su cui si
disserta fino alla nausea, per quanto mi riguarda, non ha un senso se non
quello delle burocrazie degli stati del primo mondo…
La Treccani dice “Profugo: Persona
costretta ad abbandonare la sua terra, il suo paese, la sua patria in seguito a
eventi bellici, a persecuzioni politiche o razziali, oppure a cataclismi… e poi
Emigrante: Chi emigra; in partic.,
chi espatria, temporaneamente o definitivamente, a scopo di lavoro “
E non è forse un cataclisma minore, un disastro piccolo, il vedere i propri
figli non poter crescere dignitosamente solo per la colpa di essere nati nella
parte sbagliata del pianeta?
Dai primi del 900 in poi intere generazioni hanno
abbandonato la propria terra, anche la
mia terra, per cercare una vita migliore o per cercare semplicemente una vita
da vivere. Via dalla morsa di quello che li aveva resi schiavi.
Le immagini delle popolazioni in cammino fanno parte della
storia di tutti, così come ne fanno parte le resistenze delle popolazioni che li
ricevevano…
Sappiamo
che chi riceve non è mai felice, ha paura che la sua terra sia depredata,
violata .
I
visitatori hanno avuto appellativi che ne definivano l’aspetto negativo:
forestiero che deriva da “essere fuori”, straniero che deriva da estraneo, “strano”
: quindi diverso.
Lo
straniero può essere un portatore di “novità” una risorsa che quasi mai viene
riconosciuta dagli ospitanti
Lo
storico dell’arte Marco Cianchi in uno scritto giovanile parlava dell’energia
che viene emessa quando le genti si spostano, viaggiano, emigrano, coniò in
quell’occasione la definizione di “entropia del viaggio”.
Il
punto in cui si definiva un prima e un dopo.
Il
momento dilatato in cui la forza di volontà, l’energia della disperazione dei
viaggianti si dispone ad affrontare lo spazio fisico dell’attraversamento.
A
quel punto si definisce il muro naturale che può essere il mare da navigare, il
valico di montagna da superare, il deserto da attraversare.
A
questo punto le esigue forze del viaggiatore devono fare i conti con la forza
immane che governa il luogo di passaggio. Il drago messo a guardia può salvarti
non degnandoti di uno sguardo, ma può fare di te il suo giocattolo e farti
soffrire fino a farti morire… .
Il
veliero dell’Antico Marinaio di Coleridge in balia della grande ala della
tempesta poco fuori del porto sicuro, della città protetta è il mio semplice
raccontare in questo dipinto.
Poi
il titolo dell’opera rappresenta la mia voglia di essere sempre e comunque
fiducioso negli esseri umani.
Perché
io so che le popolazioni di Lampedusa, di Castro, di Brindisi erano sul molo
all’arrivo dei primi bastimenti dall’Albania e dalle coste Africane.
Erano
lì per aiutare, sfamare, soccorrere quei coraggiosi. E ricordare loro che non
sarebbero stati mai abbandonati. “You’ll never stay alone”
Una vita fa rispetto all’infamia che qualcuno, non in mio nome, sta perpetrando impunito in questi oscuri giorni.