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Margot Minnelli fotografata da luciano bambusi

Mostra fotografica di Luciano Bambusi sulla vita di Margot Minnelli, che ha scelto di vivere da donna e di interpretare sulla scena internazionale dive come Marilyn Monroe, Lize Minnelli, Marlen Dietrich, Carmen Miranda. Alla casa museo Spazio Tadini dal 19 settembre al 20 ottobre l’esposizione apre al pubblico il 19 alle ore 18.30 con ingresso libero, in collaborazione con il Consolato Brasiliano

Trentacinque fotografie che raccontano uno stile di vita che non si sofferma sulla transessualità.

l mio nome anagrafico è Airton, a San Paolo, a scuola, mi chiamavano Fiorellino – racconta Margot -. A quindici anni ho capito che mi sentivo donna. In Brasile e in Italia ho studiato teatro e regia cinematografica, ma non è facile trovare un lavoro se vuoi vivere da donna. Per non rinunciare alla mia identità sessuale ho perso molte opportunità. Per vivere ho dovuto svolgere diversi lavori tra cui alcuni gratificanti come recitando in teatri di diversi paesi del mondo e ricoprendo alcuni ruoli cinematografici. Per trovare un mio posto al mondo ho dovuto inventarmi. Grazie agli studi teatrali ho studiato il profilo di alcune dive di Hollywwod e ne ho individuate alcune su misura per me anche per caratteristiche somatiche. Ormai convivo con queste identità femminili Marlene Dietrich, Marilyn Monroe, Carmen Miranda e Liza Minnelli su cui svolgo costantemente ricerche e riproduco anche i loro abiti di scena . Su Carmen Miranda ho organizzato anche una mostra in collaborazione con il Consolato Brasiliano”.

La fotografia di Luciano Bambusi è in bianco e nero, in pellicola, e conserva un sapore senza tempo che concentra l’attenzione sulla storia del personaggio. Cinque anni di lavoro e di collaborazione al progetto fotografico fanno di questa mostra un esempio di narrazione fotografia di stile biografico.

Il fotografo Bambusi, milanese, ama un uso della fotografia documentativa e narrativa, che arriva a indagare non solo personaggi come nella mostra su Piero Mazzarella, sempre a Spazio Tadini, ma anche luoghi e costumi come il libro su Orgosolo (Sardegna), Un Paese, la gente, a cura di Roberto Mutti.

In mostra è disponibile un catalogo dell’esposizione con il testo di Melina Scalise.

Intervista a cura di Melina Scalise

“Ho conosciuto Margot per caso ad un suo spettacolo al Borgo del Tempo Perso con qualche scatto veloce e improvvisato. Un volto, un personaggio che mi aveva colpito. Il caso volle che la incontrassi di nuovo e le chiedessi se desiderava vedere le foto. Scoprii la sua passione per il cinema, la musica e la scena e, non ultima, la fotografia. Ci trovammo d’accordo sul mio modo di intenderla e nacque l’idea di questo progetto fotografico durato 5 anni”. Così Luciano Bambusi, parla di questo lavoro che riproduce il suo modo di concepire la fotografia ovvero come strumento di narrazione dell’uomo e sull’uomo.

“Nella fotografia non riporto un’immagine, ma il mio pensiero” è così Luciano Bambusi, in questa raccolta di scatti, struttura un racconto quasi cinematografico con una sequenza narrativa precisa. Le foto si presentano in bianco e nero. Sono essenziali, come l’inchiostro di una penna che non ha bisogno di colori per la sua narrazione di parole. L’immagine, in questi scatti, come la parola, racconta.  L’immagine è segno e disegno. “Il bianco e nero – spiega Bambusi – restituisce meglio la specificità umana.  Non offre distrazioni”.

La protagonista di questo racconto è Margot Minnelli, personaggio dalle molteplici vesti: Marlene Dietrich, Marilyn Monroe, Lize Minnelli, Carmen Miranda. Nasce Airton, a San Paolo del Brasile, presto si scopre donna e diventa nella vita semplicemente Margot calcando la scena nei luoghi più diversi sulle navi da crociera, nei teatri e al cinema dando espressione ai suoi studi teatrali nell’unico modo che le era concesso in una società che lascia poco spazio a chi è “diverso”: se si è un uomo che si veste da donna si rischia di essere visti solo come “oggetto” sessuale, ancor più che per una donna. Così tutte le sfaccettature di queste persone sono fagocitate dalla “questione sessuale”.

Non potevo svolgere un lavoro “normale” né da attrice, né da grafica o altri mestieri – racconta Margot – così ho cercato delle identità femminili da interpretare. Ho studiato il loro volto, la loro vita, i loro gesti e quelli più vicini alla mia figura e alla mia personalità sono diventate i miei personaggi. Non c’è dunque un travestimento, ma una vera e propria ricerca filologica prima e un’interpretazione attorale poi.  Questo mi differenzia. Ripropongo questi miti femminili senza tempo realizzando persino i loro costumi di scena con rigore e ricerca tanto che ho curato, con foto ritrovate da me, una mostra su Carmen Miranda presso l’Istituto di cultura Brasiliano a Milano. Regalo al mio pubblico e a me stessa l’illusione, un sogno e queste donne sono ormai parte di me”.

I personaggi femminili scelti da Margot sono icone senza tempo e incarnano un’immagine di seduzione della donna che nasce dalla relazione tra l’immagine e la voce e supera le differenze tra i sessi. Pensiamo ad esempio quanto sia rimasta nell’immaginario collettivo l’interpretazione di Happy Birthday di Marilyn al compleanno di Kennedy. Il fascino di queste dive che tanto ancora stimolano il nostro immaginario riproducono quella stretta relazione inconscia che esiste tra la voce e il femminile, ovvero tra la voce di una madre, capace di portare chiunque a “casa” e di sedurre in modo incantevole, “per incanto”. Come un canto delle Sirene il cui sesso rimane “sommerso”, né donna e né pesce.

In queste foto che raccontano Margot l’intimità della sua casa, le relazioni nel back stage del palcoscenico, la “vestizione” e l’interpretazione sul palco, Luciano Bambusi è riuscito a raccontare la potenza femminile capace di scaturire dal corpo a prescindere dal sesso e nonostante tutte le contraddizioni e le difficoltà, quella di Margot Minnelli è una femminilità felice e riuscita.

Il fotografo è riuscito a far uscire Margot dallo stereotipo che vede gli uomini che si vestono o sentono donne, come caricature e maschere grottesche del femminile. La sua fotografia narra con la delicatezza del poeta.

“Scatto in pellicola e in bianco e nero. Della pellicola amo l’indeterminatezza dell’immagine e la sua profondità di campo. Ne amo il “rumore”, la sua luce diffusa che tanto si perde negli scatti al digitale e la capacità di creare volume all’immagine. L’immagine in queste foto non si discosta dalla visione umana” – spiega Luciano Bambusi.

Ebbene ad evidenziare questo è la gamma dei grigi, i riflessi della luce, i tagli che danno movimento, ma ancor più la netta percezione del tempo. Sì, perché innanzitutto in quegli scatti in pellicola c’è tutto il tempo dell’uomo: c’è il modificarsi continuo dell’immagine ai nostri occhi, è contenuto quel lasso temporale che corre tra l’oggetto e l’occhio e tra l’occhio e l’organo del pensiero. In questo luogo ancora misterioso l’immagine si sgrana di nuova luce e si ricompone di senso e di ragionamento e d’emozione. Nelle foto di Bambusi la grana dell’immagine è della stessa materia del ricordo (che verrebbe falsato dalle linee nette altamente performanti del digitale), ma soprattutto di sentimenti per lasciare traccia.

Cinque anni di lavoro. Un tempo lento, un lavoro più sulla persona che sull’Immagine di Margot, sulla sua femminilità selezionata e liberata. La fotografia di Bambusi è il risultato di un dialogo, soprattutto di un rapporto di fiducia e questo è l’elemento fondamentale e imprescindibile per realizzare un lavoro simile.

Questa fotografia parla di momenti in cui ci si lascia guardare e altri in cui si osserva la vita degli altri, parla della ricerca e della scoperta di cosa li porta a muoversi e vivere ed essere al mondo così come sono. E’ un confronto, un dialogo che passa attraverso le immagini e si traduce in un risultato fotografico che rivela fino in fondo l’efficacia del conoscersi e non solo del “vedersi”.

Melina Scalise

La mostra è stata realizzata in collaborazione con il Consolato Brasiliano a Milano

E con il contributo di

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Piero Mazzarella, mostra omaggio all’attore di Luciano Bambusi – Spazio Tadini Fotografia a Milano

Piero Mazzarella raccontato e ricordato attraverso la fotografia di Luciano Bambusi che lo ha seguito per 8 anni dietro le quinte e non solo. Un omaggio all’attore, all’uomo e all’amico con una mostra dedicata in sua memoria nella Casa Museo Spazio Tadini e porprio nello studio di Emilio Tadini di cui Mazzarella interpretò Prospero il personaggio di La Tempesta l’opera di Tadini messa in scena al Franco Parenti.

DIALOGHI MILANESI, a Spazio Tadini una grande mostra con il patrocinio del Comune di Milano

CARTOLINA DIALOGHI MILANESI-Pagina001Per la Rassegna Milano in Arte 1945-2015 una nuova tappa da non perdere a Spazio Tadini con artisti che hanno portato e portano avanti un rapporto con l’arte che è datto di dialoghi, di confronti sull’arte, ma anche di amicizia. Troverete così coppie di artisti compe Emilio Tadini e Alik Cavaliere rispettivamente pittore e scultore, ma anche la mostra in atemprima assoluta in omaggio a Piero Mazzarella che rappresenta un relazione tra un fotografo, Luciano Bambusi e l’attore che ha seguito dietro le quinte per 8 anni. Le mostre nascono da un’idea di Francesco Tadini e Melina Scalise.