Archivi tag: Francesco Tadini

La città in scena – Mostra fotografica

Sabato 24 settembre 2022 Casa Museo Spazio Tadini – contemporaneamente alla Mostra Tadini & Co.” a cura di Melina Scalise inaugura la Mostra fotografica collettiva “La città in scena a cura di Federicapaola Capecchi.

In mostra: Alessandro Accordini, Ludovico Balena, Stefano Barattini, Giada Calamida, Corrado Formenti, Antonio Fumagalli, Gianni Grattacaso, Luigi Grieco, Roberto Manfredi, Guia Medolla, Catia Mencacci, Giovanni Paolini, Ida Marinella Rigo, Patrizia Riviera, Ruggero Ruggeri, Flavio Savio, Anna Signorini, Domenico Summa, Francesco Tadini, Nella Tarantino.

Venti autori, quarantasei fotografie a raccontare la molteplicità vitale che va in scena ogni giorno nella città, che fa dell’apparente vuoto delle distanze un pieno. Venti cifre stilistiche a scandire un racconto sempre al confine tra visibile e visionario, in omaggio alla vittoria dell’onirica visionarietà delle opere pittoriche e di alcuni testi (La Tempesta per esempio) di Emilio Tadini. “La città in scena” è palcoscenico del teatro della vita: ha presa sul reale e sa camminare nel sogno, riconosce il tragico e pensa l’utopia, sente l’angoscia ma sa sorridere al niente.

Le figure sono ombre,le ombre delle coseportate dalla luce dello sguardo.Dev’essere cosìche si fanno i dipinti: guardandodi lato – come i ciechi,che guardano sempre altrove,senza fretta, convintie sorridono al niente”. Emilio Tadini da L’insieme delle cose”

Il lato emotivo della realtà di Patrizia Riviera, la trasfigurazione, creazione e immaginazione densa di bruciante presa sul reale di Francesco Tadini, il silenzio e mistero di Nella Tarantino, le figure e simboli malinconici di Catia Mencacci, la grammatica visiva di Ida Marinella Rigo immersa a cercare l’indefinitino nel finito, gli interrogativi e le vertigini di Ruggero Ruggieri, i pretesti di Giovanni Paolini – in bianco e nero e a colori – in cui personaggi muti reinventano la metropoli, la leggerezza di un ultimo giro di giostra di Flavio Savio, gli schermi/confine di Gianni Grattacaso da oltrepassare per proseguire il cammino, la selettività, atemporalità, e, a volte, tendenza ad estetizzare di Stefano Barattini, il punto di vista “freddo” per sottolineare gli aspetti sublimi delle cose di tutti i giorni di Ludovico Balena – solo per citarne alcuni – disegnano momenti di vita quotidiana in un complesso di particolari che liberano passante, soggetto, oggetto e architettura dall’anonimato. E ne fanno molteplicità vitale.

Una mostra fotografica con una precisa visione dello spazio della città, di cui vuole parlare quando si fa luogo: “quando si dà un senso, un valore, una funzione allo spazio lo si trasforma in un luogo” – afferma la curatrice Federicapaola Capecchi – “qui entrano in scena, individui, relazioni, comportamenti. Gli uomini. Molte opere di Emilio Tadini sono forma e sintesi, equilibrio e maestria affabulatoria e pittorica. Una continua discussione della forma d’arte per eccellenza: la vita. Dunque ‘La città in scena’ parla della vita, delle persone, delle maglie della vita, dei corpi, degli individui, dei rapporti, come dei silenzi e delle voci troppo alte”.

La città in scena”, attraverso lo stile peculiare di ogni autore, indaga la città come in una sorta di collage, spesso fatto di pieni e di vuoti. Il pecorso vuole porre l’accento sul valore etico dell’immaginazione, come del gioco, della semplicità come della poetica delle piccole cose, quelle di tutti i giorni e quelle visionarie. Una narrazione che vuole lasciare ampio spazio all’osservatore.

Lo stesso spazio infinito che Emilio Tadini, ho sempre pensato, lasciasse al lettore dei suoi testi e all’osservatore dei suoi quadri”– prosegue Federicapaola Capecchi – “Così, grazie allo spessore degli autori selezionati, ‘La città in scena’ lascia uno spazio vuoto (positivo) per muoversi tra differenti versioni, visioni e racconti. Dove visibile e invisibile, detto e non detto si contendono lo spazio, che non riesce a contenere la narrazione. Dove non si riesce a prescindere dalle persone: chi sono, il loro soggettivo, il carattere, la natura; dove il corpo immerso in ciò che chiamiamo mondo, conduce in un luogo da abitare, in un immaginario che manifesta presenze concrete, in un sapere sensibile che risponde al desiderio e che, al tempo stesso, lo suscita. Dove infanzia ed età adulta sono legate da un filo che tesse domande e trame all’infinito, senza mai riuscire a colmarle. Proprio come succede per esempio nel quadro di Tadini <L’occhio della pittura>. Dove in un mondo in cui tutto procede per significati indotti, la semplicità è una delle cose più difficili da ottenere, da riconquistare, insieme alla propria identità”.

Quando la vita reale e la fotografia sanno contenere e contemplare immaginario, visioni e sogni, una città-mondo capace di cogliere immagini al di là del presente è possibile.

LA CITTÀ IN SCENA

Mostra Fotografica Collettiva – AA.VV.

A Cura di Federicapaola Capecchi

OPENING 24 SETTEMBRE 2022ore 18:30

dal 24 settembre al 26 ottobre 2022

Ingresso: mercoledì / sabato 15.30/19:30

visite guidate (€ 8) su prenotazione federicapaola@gmail.com

Emilio Tadini: Parlami di lei, tenerAmente forte per i talenti delle donne

Apre il 20 settembre 2020 alle ore 15.30 fino alle 20 la mostra di Emilio Tadini “Parlami di lei: tenerAmente  forte”  a cura di Melina Scalise e Francesco Tadini all’interno del palinsesto I talenti delle donne del Comune di Milano e con il patrocinio di Municipio 3. Un percorso sulla figura femminile che si terrà fino alla fine dell’anno prossimo presso la Casa Museo Spazio Tadini, sede dell’archivio dell’artista. Partendo dalle opere di Tadini scoprirete il mito di Atalanta e di Cerere, La Madonna di Pier Della Francesca, Maria Maddalena, Anna Plurabelle di Joyce, Eva e la moglie dell’artista Antonia.

L’esposizione comprende una selezione di opere pittoriche che rappresentano la donna ed evidenziano il ruolo che l’artista gli conferisce (opere dell’archivio e della Fondazione Marconi). Una mostra affascinante che porta alla visione del femminile nell’arte sacra e alla figura della donna nella letteratura, da Pier Della Francesca a Joyce, che furono fonte di ispirazione per Emilio Tadini. Il trittico centrale della mostra è “Il pittore del parto e le donne fecondanti” che vede al centro della tela una figura maschile creatrice e ai lati delle figure femminili identificate dall’artista come “donne fecondanti” e quindi con una funzione maschile e non femminile. Un’opera che tocca temi interessanti come la fecondità, il concepimento, il rapporto con il corpo, la Madonna, la musa ispiratrice dell’artista.

A completare il percorso alcune letture del testo teatrale di Emilio Tadini “La deposizione” (Einaudi 1997). Un’opera che fu messa in scena al teatro Franco Parenti nel 1997 per la regia di Andrèe Ruth Shammah interpretata da Anna Nogara. L’opera tadiniana è il monologo, per l’appunto, “la deposizione” di una donna accusata di aver ucciso sette uomini di cui non sono stati trovati i cadaveri. Un testo emblematico e altamente simbolico che ha un doppio finale: il lettore può leggere l’assoluzione o la condanna. In tempi ormai lontani, Tadini si poneva il problema del corpo della donna, del suo valore sociale, del suo essere vittima o carnefice.

Durante la mostra sono previste visite guidate e convegni a cura di Melina Scalise, psicologa e studiosa della simbologia nell’opera di Emilio Tadini grazie alla disponibilità dell’archivio eredi.

La mostra presso la Casa Museo Spazio Tadini è a ingresso gratuito. Le visite guidate sono a pagamento (7 euro) e si svolgono da mercoledì a venerdì su prenotazione (museospaziotadini@gmail.com), mentre ogni sabato a intervalli di un’ora e mezza a partire dalle 15.30.

Il 20 settembre inaugureranno presso la Casa Museo Spazio Tadini altre due mostre sul tema femminile che sviluppano alcuni temi iconografici della donna nell’arte correlate anche alla poetica di Emilio Tadini. La mostra PARLAMI DI LEI: DIALOGO A DUE vede in esposizione opere di due autori contemporanei. Si tratta di un uomo e una donna: Mario de Leo che presenta una serie di ritratti femminili della sua serie: Figura amazzonica toccando il tema di Madre Terra e Francesca Magro che presenta una seri di tele sul tema del corpo della donna, “Il corpo e la carne”.

Breve Biografia Emilio Tadini

Emilio Tadini nasce a Milano nel 1927. Si laurea in lettere. Nel 1947 esordisce sul “Politecnico” di Vittorini con un poemetto cui fa seguito un’intensa attività critica e teorica sull’arte ( Possibilità di relazione 1960, Alternative attuali 1962, l’ampio saggio L’organicità del reale, su “Il Verri”).

Nel 1963 esce il suo primo romanzo, L’armi, l’amore (Rizzoli), cui seguono nel 1982 il secondo L’opera (Einaudi), nel 1983 La lunga notte, (Rizzoli ), nel 1992 il libro di poesia L’insieme delle cose (Garzanti), nel 1993 l’ultimo ‘romanzo La tempesta (Einaudi) da cui è stata tratta una versione teatrale. Nel 1995 il saggio L’occhio della pittura (Garzanti), nel 1997 La Deposizione (Einaudi) e nel 1998 il saggio La distanza (Einaudi). Vedi altre informazioni sui libri

Al lavoro critico e letterario affianca fin dalla fine degli anni ’50 il lavoro della pittura. La sua prima esposizione personale è del 1961 alla Galleria del Cavallino di Venezia. Fin dagli esordi, Tadini sviluppa la propria pittura per grandi cicli, costruendo il quadro secondo una tecnica di sovrapposizione di piani temporali in cui ricordo e realtà, tragico e comico, giocano di continuo uno contro l’altro.

Tiene esposizioni personali all’estero, Parigi, Stoccolma, Bruxelles, Londra, Anversa, Stati Uniti e Sudamerica, sia in gallerie che in spazi pubblici e musei. E’ presente inoltre in numerose collettive. Nel 1978 e nel 1982 viene invitato alla Biennale di Venezia. Nel 1986 tiene una grande esposizione alla Rotonda della Besana a Milano dove espone una serie di tele che preannunciano il ciclo dei Profughi e quello dedicato alle Città italiane,poi presentato nel 1988 alla Tour Fromage di Aosta. Nel 1990 espone allo Studio Marconi sette grandi trittici. Del 1992 è la mostra Oltremare alla Galerie du Centre di Parigi e nel 1993 inaugura una mostra con nuove opere allo Studio Marconi di Milano.

Nel 1995 alla Villa delle Rose di Bologna vengono presentati otto grandi trittici de Il ballo dei filosofi. A partire dall’autunno 1995 fino all’ estate 1996 una grande mostra antologica e itinerante ha avuto luogo in Germania nei musei di Stralsund, Bochum e Darmstadt accompagnata da una monografia a cura di Artura Carlo Quintavalle. Nel 1996 la mostra de Il ballo dei filosofi viene presentata alla galleria Giò Marconi. Tadini diventa commentatore del Corriere della Sera edal 1997 al 2000 è stato presidente dell’Accademia di Brera. Nel 1997 espone presso la Galerie Karin Fesel a Düsseldorf, la Galerie Georges Fall a Parigi e il Museo di Castelvecchio a Verona. Gli ultimi cicli dipinti sono quelli delle Nature morte e delle Fiabe chenel 1999 sono state presentate alla Die Galerie di Francoforte. Nel 2001 la città di Milano gli ha reso omaggio con una mostra antologica Emilio Tadini. Opere 1959/2000 a Palazzo Reale. Sempre nel 2001 in aprile si tiene la mostra di acquerelli Le figure le cose alla Galleria Giò Marconi di Milano.

Biografia Melina Scalise

Ph Manenti

E’ titolare della Casa Museo Spazio Tadini e responsabile dell’archivio dell’artista Emilio Tadini. E’ giornalista professionista, psicologa, blogger, curatrice d’arte, organizzatrice di eventi, esperta di comunicazione aziendale e ambientale ed è stata anche mediatore civile. Ha lavorato per Il Giorno come cronista per sette anni, ha ideato le prime campagne di comunicazione ambientale in Italia con il più importante gruppo privato del settore rinnovabili ricevendo riconoscimenti per le sue campagne di comunicazione ambientale inventando la prima Ecoteca (biblioteca itinerante sull’ambiente) e progettando un prototipo di “Slotmachine” a rifiuti. Suoi testi sono stati pubblicati su diversi libri, riviste e cataloghi d’arte e di poesia anche internazionali, ultimo 17 Graffi, in memoria delle vittime di Piazza Fontana. Dal 2006, insieme al marito Francesco Tadini, ha aperto la Casa Museo Spazio Tadini in memoria di Emilio Tadini. Oggi è un museo privato tra i più vivaci di Milano per la proposta artistica e culturale.

Per ulteriori informazioni e prenotazioni per le visite guidate

museospaziotadini@gmail.com

SCARICA IL COMUNICATO STAMPA

La fotografia Di Barattini: Geometrie Rurali

La mostra fotografica di Stefano Barattini Geometrie Rurali che inaugura il 24 gennaio alla Casa Museo Spazio Tadini di Milano vi stupirà perchè vi proporrà il paesaggio visto da una nuova distanza, quella giusta per trasformarlo in segno, in significato, in un linguaggio che non avete mai visto.

Stefano Barattini Geometrie rurali – La distanza della bellezza a PhotoMilano / Spazio Tadini dal 24 gennaio al 22 febbraio 2020; a cura di Francesco Tadini, Melina Scalise, Federicapaola Capecchi. Inaugurazione venerdì 24 gennaio dalle ore 18.30 (Spazio Tadini via Niccolò Jommelli, 24). Ingresso libero. Orari: da mercoledì a sabato dalle 15.30 alle 19.30. Domenica pomeriggio aperti su prenotazione, per gruppi di almeno 4 persone.

Stefano Barattini

Testo di Francesco Tadini:
“Stefano Barattini – La distanza della bellezza”

Avvicinandomi a un oggetto complesso posso esaminare le sue componenti. Se me ne allontano conosco la totalità della sua forma. Ma un oggetto – qualunque oggetto – non si da nello spazio se non in relazione ad altri oggetti. Ed è, ancora, da una certa distanza che posso conoscere il territorio (lo spazio misurabile) di tali oggetti.

Il metodo non cambia molto se prendo in considerazione un accadimento (anche minuscolo): vivendolo al presente ne sono testimone diretto. Prendendolo in esame in seguito – a una minima distanza temporale – conoscerò quello che non ho vissuto dal mio limitato punto di esperienza e che riguarda la totalità dell’accadimento. Ma è solo ad una distanza superiore che sarò in grado di conoscere le premesse e le relazioni di quell’accadimento con altri “eventi storici”.

Stefano Barattini

La Geometria e la Storia dipendono dalle distanze. E dal nitore – riconoscibilità – delle loro fonti. Chi se ne occupa lo sa. E sa far luce, sulle relazioni che prende in esame, aprendo allo sguardo un campo visivo, per così dire, mobile. Allacciando nessi e inquadrando problemi.

Stefano Barattini, fotograficamente, mette in atto una ricerca molto vicina a queste e lo fa quando si occupa di aree industriali abbandonate così come – in queste foto di eclatante bellezza – di campagne coltivate.

Con le serie fotografiche dedicate alle aree industriali in disuso, Barattini ha esplorato una sorta di mondo parallelo a quello del tempo presente, regalandoci grandi immagini che evocano altre epoche produttive e, non di meno, la capacità della Natura di riprendere – in misure variabili – possesso di un territorio dal quale sembrava relegata a “distanza di sicurezza”.

Con la mostra “La distanza della bellezza” il fotografo apre un campo d’indagine – di inedita modernità – utilizzando i droni. Pur ricordando che la fotografia aerea ha più di un secolo, la novità sta nell’unione del mezzo con l’autore. Il drone non è pilotato da terzi, con i quali l’autore delle immagini debba comunicare. L’occhio del drone è mosso dalle mani stesse del fotografo. E’ prolunga tecnologica della sua capacità di osservare e catturare la realtà. E’ un obiettivo fotografico a tutti gli effetti.

Stefano Barattini

La capacità e la qualità autoriale di Stefano Barattini emerge clamorosamente dalle fotografie per due ragioni complementari (e assenti nelle quasi totalità delle fotografie in circolazione realizzate con i droni). La prima è di carattere culturale ed è legata ai sui studi alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. La seconda, decisiva, alla misura estetica che gli impone di escludere da ogni opera ciò che non è strettamente necessario al discorso. Un millimetro in più sarebbe decorativo e ridondante. Un millimetro in meno insufficiente a reggere la grammatica di questo linguaggio d’immagine.

L’altezza di sorvolo fa l’inquadratura, non meno di quanto le distanze tra gli oggetti rappresentati facciano l’opera. L’occhio del drone-fotografo cattura geometrie che si formano quando si perde il valore d’uso dei campi (il dettaglio delle specie agrarie) e non si è ancora “formato” il paesaggio indistinto delle macchie di colore utile solo a stupire, ma non a conoscere. Barattini riesce nel doppio intento di creare una documentazione precisa delle forme istituite dal lavoro agricolo e di attuare quella piccola magia linguistica di trasfigurazione del reale propria dell’Arte.

Avvicinandovi alle opere di Stefano Barattini potrete misurare una variante nuova – e distanze … e proporzioni! – di quella specie vivente che chiamiamo Bellezza.

Biografia Stefano Barattini