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Atto unico, l’ultimo libro di Raffaele Mangano in anteprima a Spazio Tadini – 9 giugno

ANTEPRIMA  DELL’ULTIMO LIBRO DI RAFFAELE MANGANO

ATTO UNICO

uscita e presentazione 9 giugno 2016

SPAZIO TADINI, via Jommelli, 24 Milano, ore 21

CON RAFFAELE MANGANO

(FAUSTO LUPETTI EDITORE)

copertina raffaele mangano

“quando mi assale un rimpianto, subito lo sostituisco con un sogno” 

 

“Un’anteprima tratta dal romanzo: Restare calmi e non farsi prendere dal panico, quindi a passo lento raggiungere l’ospedale più vicino e chiedere se per caso abbiano il siero specifico per quel tipo di veleno. Più o meno sono questi i suggerimenti che vengono dati a chi sia stato morso dal serpente degli alberi. I tempi sono strettissimi, pertanto non bisogna sbagliare reparto e andare dritti in quello giusto: rivolgersi al chirurgo estetico potrebbe risultare fatale. In realtà sono stati letteratura e cinema ad affibbiare una pessima fama al serpente degli alberi, alias Mamba. Invece si tratta di un animale riservato e timido, che se ne sta per i fatti suoi e a cui il morso bisogna quasi andarlo a chiedere per favore. Ovvio che se viene calpestato, disturbato mentre dorme o infastidito quando fa l’amore, si irrita e cerca di allontanare l’intruso. Già è difficile prendere sonno stando in bilico su un ramo, col rischio di cadere di sotto e fratturarsi una vertebra; per non parlare dell’accoppiamento, con quell’intreccio di corpi a spirale, che se non stai attento poi per sbrogliare i nodi ci vuole una nottata intera. Insomma il serpente degli alberi a tutto pensa, salvo che a confrontarsi con quei trogloditi degli umani che non rispettano l’ambiente e la natura. Ora, se io fossi un abitante di un villaggio immerso nella savana a cui piace stuzzicare i mamba, o anche solo l’inserviente disattento di un rettilario, avrei pronta la spiegazione di come sono ridotto: respirazione rallentata, immobilità degli arti, confusione mentale. Perché è questo che provocano le neurotossine inoculate dagli incisivi del dendroaspis, (il nome scientifico incute meno timore). Invece ritengo di non abitare in Africa e di non essere addetto alla cura di rettili. Il fatto è che non ricordo altro, a partire dal mio nome, e questo è un bel guaio. Sono disteso e non riesco ad aprire gli occhi o, ancora peggio, ho la sensazione di non vedere nulla nemmeno se li spalanco. Dormirei se non fosse per un rumore che, se pur non assordante, risulta fastidioso. Non sapendo fornire a me stesso una risposta convincente, mi vien da pensare che si tratti di una recita. Un tizio, immobile e semi incosciente, si rende conto di aver scordato ogni notizia su di sé e prova a riattivare la memoria per capire cosa sia successo. Una buona idea in effetti. Devo solo indagare se ciò sia un’eventualità possibile o una mia fantasiosa supposizione.

Sulla realtà non realtà, su cosa effettivamente accada o riteniamo che accada, sono stati scritti romanzi, racconti, poesie, saggi, poemi, canzoni. Ci hanno lavorato sopra artisti di ogni disciplina; teatro e cinema vi hanno attinto a piene mani. Credo sia davvero superfluo citare tutti coloro che se ne sono occupati da almeno tremila anni, dagli accesi dibattiti tra i seguaci di Platone e Aristotele, alla storiella dell’uomo addormentato sotto un albero che sognava di essere farfalla, ma forse era la farfalla a immaginare di essere un uomo assopito… e così via. Tanto più che non bisogna mai abusare delle citazioni; se davvero mi state ascoltando da una platea, non apprezzereste un inizio zeppo di riferimenti storici e letterari su un tema così ampiamente arato da secoli. Si rischia di fare la figura di un liceale secchione o di un esibizionista di cultura spicciola. Ma si corrono pericoli ben più seri, tali da cambiare il corso della vita. Supponete per esempio di essere stati invitati a un pranzo di lavoro dal vostro grande capo assieme ad alcuni colleghi in odore di avanzamento di carriera. Sapete bene che bisogna stare molto accorti: compiacere il boss senza apparire troppo servili è un’arte antica. Al tempo dei samurai bastava un niente per dover afferrare la wakizashi e sbudellarsi davanti a tutti, avendo cura di non versare il sangue sul kotatsu, onde permettere ai commensali di continuare a cenare senza turbamenti. Ma io non parlo giapponese, avrei dovuto dire spada e tavolino; come mai mi sono uscite di bocca quelle due parole? Forse me le ha bisbigliate il suggeritore dalla buca. Torniamo al pranzo. Supponiamo che le insidie siano state evitate con destrezza, compreso lo spinoso argomento squadra del cuore. A domanda precisa, tutti i partecipanti hanno svicolato: non mi piace il calcio – guardo solo le partite della nazionale – sono appassionato di curling e thai box – mi dedico al tiro alla fune – pratico il lancio del martello indoor – mi diletto nel braccio di ferro. Non è verosimile, ma il capo fa finta di crederci. Tutto liscio sino al dessert, quando il cameriere deposita sul tavolo una torta alla ricotta. Assaggiate e vi lasciate trasportare dall’entusiasmo. “Sentite che morbidezza, che profumo, mi ricorda quella che faceva una mia zia. Capisco Proust quando magnificò la famosa madeleine.” Vi è scappata, forse non tutto è perduto, ma il vostro collega Alfonso Pisciuneri sta per trascinare entrambi nel baratro. (leggi ancora)

RAFFAELE MANGANO RITRATTO

( in tutte le librerie e i siti on line dal 9 giugno )

RAFFAELE MANGANO – BREVE BIOGRAFIA
Sono stato concepito sul Lago di Como da genitori siciliani emigrati al Nord in tenera età (ciascuno per conto suo), ma sono nato a Milano il giorno di San Valentino di un anno che non ricordo. Così come non ricordo perché mai abbia preso una laurea scientifica anziché classica. Forse per far dispetto ai professori che immaginavano per me un futuro in campo letterario. L’ amnesia ha rimosso anche il momento in cui iniziai la carriera di giornalista. E anche quella volta fui molto determinato ad andare contro le mie inclinazioni; difatti mi sono occupato di argomenti che oggi mi provocano una sorta di tremore, stato di ansietà e principio di labirintite. Per curare questi vuoti di memoria da qualche tempo vivo alle falde dell’Etna.
Ho motivo di credere di aver diretto alcuni periodici e frequentato studi televisivi e radiofonici. Sembra incredibile, ma ho incontrato persone disposte a pagarmi per partecipare a convegni e congressi, tenere conferenze e guidare seminari. Ho anche il sospetto di aver condotto una trasmissione televisiva, ma il ricordo è labile.
Fortunatamente ho trovato il tempo per viaggiare, incontrare, conoscere, confrontarmi, riflettere. Alla fine delle mie lunghe peregrinazioni mi sarebbe piaciuto scrivere sul passaporto “abitante del pianeta Terra” oppure “cittadino del mondo”. Ma credo che non sarà possibile prima di qualche secolo.
All’ improvviso sono stato colpito da un virus sconosciuto che mi ha indotto ad abbandonare la professione giornalistica per dedicarmi alla narrativa. Così ho iniziato a scrivere libri e ciò che vedete sul sito è la mia produzione ad oggi. Tutte le altre informazioni sulla mia persona hanno il pregio di non essere interessanti. Ammesso che quelle riportate lo siano state.

LIBRI MILANO – VENERDì 7 MARZO ORE 18.30: Nuova Vandea {compendio di resistenza} a Spazio Tadini

La presentazione del libro della casa editrice Officine Ultranovecento

Nuova Vandea

di Gian Ruggero Manzoni – Sebastiano Adernò, Marco Baj – Simone Zanin

Con la presenza degli autori

Nuova Vandea - scheda libro

Questo non è un libro, questa è un’operazione di CONSERVAZIONE… CUM SERBARE, in cui il CUM è rafforzativo di SERBARE, che sta, ovviamente, come in italiano, per serbare, ma, soprattutto, per SALVARE e CUSTODIRE un’IDEA FORTE, contro un mondo che invece corre, privo di identità e guidato dal denaro, verso l’omologazione, la centrifugazione e la globalizzazione, le quali sono le prime “mine” del CONCETTO di Storia, della nostra storia, quindi del
nostro racconto, cioè del nostro essere, in carne e in spirito. Oggi o si è di qua o si è di là della barricata. Il di là ormai sappiamo che di certo vincerà, perché
l’Occidente, con gli Stati Uniti in testa, ha preso follemente quella direzione e la nostra gente è per lo più sradicata. Il di qua (il Genius Loci e quel pathos) è di coloro che, come noi, per salvare fino all’ultimo quell’IDEA di Europa, pur sapendo che la battaglia è già perduta in partenza, nei tempi hanno combattuto in difesa di ciò che di più caro apparteneva loro, per evitare la totale
sparizione dell’EUROCENTRISMO DEL SAPERE. Noi, per questo e senza indugio, vogliamo ancora essere nella Berlino dell’aprile 1945, nella Vienna della
battaglia del 1683, o ancora nella Vandea del 1793, che lo vogliate oppure no, con tutto ciò che ne comporta e ne com-porterà. L’attesa è rivolta a un nemico
silenzioso e implacabile, che sempre più spesso è nascosto ormai fra noi. Ma questo non ci spaventa.
Siamo pronti.