sabato 11 gennaio TECNICHE DI DIFESA CON MAX CAPUSELLA a partire dalle ore 18, via Jommelli, 24 Dobermann Pub e Spazio Tadini
Una sera insolita allo Spazio Tadini che apre le porte allo sport con una serata che vede la presenza di uno dei campioni internazionali di tecniche di combattimento misto (MMA) Max Capusella. La serata è organizzata dal Dobermann pub, locale di ritrovo di molti giovani e si rivolge a tutti coloro che desiderano conoscere tecniche di difesa e cogliere l’opportunità per conoscere da vicino l’atleta.
Max Capusella specializzato in arti marziali miste (MMA) proviene dalla scuola di Garcia Amadori ( MMA,Lotta,Boxe, Shoot Boxe, Muay Thai,Brazilian Jiu Jitsu, Grappling). L’atleta ha raggiunto livelli di qualità e prestazioni elevate e riconosciute in ambito internazionale (vedi).
La serata prende inizio presso il Dobermann Pub in via Niccolò Jommelli, 24 dove, alle ore 18 Max Capusella incontrerà il pubblico presente per interviste, domande etc. Con l’occasione il Pub mette a disposizione un ricco apertivo a prezzo fisso di 5 euro pertanto la chiacchierata con l’atleta si svolgerà in un’atmosfera conviviale. Alle 20.30 tutti coloro che desiderano assistere alle dimostrazioni pratiche di autodifesa e ai video selezionati da Max per l’occasione, potranno entrare presso la sede dell’associazione culturale Spazio Tadini, sempre in via Jommelli, 24 (ingresso soggetto a contributo e tessera promozionale 5 euro).
Aliou Diop, fondatore e autore format web TV “Allo scoperto “
Dibattito tra i relatori e intervento dal pubblico (19-19.30)
Aperitivo (19.30)
Partendo dal presupposto che i media possono contribuire in maniera significativa al processo di integrazione, l’iniziativa vuole offrire un’opportunità di riflessione e dialogo “face2face” sul macro-tema comunicazione e rappresentazione dell’universo migrante nei media in Italia.
Attraverso il contributo di esperti, operatori di settore e la partecipazione del pubblico si cercherà di promuovere un confronto sul ruolo dei media nella comunicazione interculturale a partire da una fotografia accurata del contesto e tramite la presentazione di buone pratiche in atto.
Nel corso della serata verrà presentato il corto di 4 minuti
“I live in Melbourne”
L’attore, autore teatrale e musicista, Mohamed Ba ha deciso di narrare anche con la parola scritta e lo fa con il suo primo libro intitolato “Il tempo dalla mia parte”, pubblicato dalla casa editrice San Paolo, in cui racconta l’odissea di un popolo alla disperata ricerca di un tamburo. La siccità non lascia tregua: nessuna goccia di pioggia ammorbidisce il terreno secco della mitica Jolof, terra africana densa di racconti e incrocio di popoli e il giovane Amed si vede affidare una missione importante: dovrà partire per l’Occidente alla ricerca del tamburo magico, capace di invocare la pioggia e interrompere l’arsura. Ma Amed non è il primo a partire: un gruppo di giovani ha tentato l’impresa e non ha mai fatto ritorno. Tra Francia e Italia, tra momenti spassosi e altri di intensa drammaticità, questa vicenda si legherà a doppio filo ai problemi della convivenza tra popoli diversi, fino a costituire una vera e propria fiaba di riconciliazione.
In occasione dell’uscita del libro, abbiamo rivolto alcune domande a Mohamed Ba: Spesso, nelle favole o nei racconti mitologici, ci sono elementi simbolici: cosa rappresenta, in questa storia, la ricerca del tamburo perduto?
L’Africa, ancora prima dell’islamizzazione e dell’evangelizzazione, ha sempre avuto un rapporto morganatico con la natura. L’uomo considera se stesso come una perla la cui importanza avrà senso solo considerando l’intera collana, cioè la comunità sospesa tra il mondo visibile che siamo noi ed il mondo invisibile, quello degli Antenati che non sono sotto la terra ma circumnavigano attorno e ci curano. L’unico modo che abbiamo per entrare in contatto con loro è il tamburo. Nel mio romanzo, il tamburo rappresenta più di uno strumento musicale, ma diventa quel battito che farà ballare l’umano che c’è in ciascuno di noi, dovunque provenga. Ricercare il tamburo è più o meno l’analisi del terreno sul quale si vuole costruire un ponte per superare le divisioni secolari tra Nord e Sud del mondo.
Possiamo considerare questo testo come un testo anche sul tema dell’importanza della Memoria?
Tanti sono i figli d’Africa che sanno poco o nulla della loro storia. Quel poco che ne masticano passa attraverso i libri di testo scritti da altri e la conseguenza e la cancellazione progressiva dei valori morali tradizionali. Le frontiere e le lingue postcoloniali ci hanno divisi. Fratelli di ieri si massacrano oggi, la narrazione sotto l’albero – illuminati dal fallo e cullati dalla kora – si fa sempre di meno e gli anziani, una volta sacri, oggi si sentono quasi inutili. Credo che un popolo senza memoria è come una zebra senza strisce.
Lei vive da anni a Milano: è vero che, nonostante il passare del tempo, è sempre presente il sentimento della nostalgia per chi ha lasciato il proprio Paese d’origine?
Io vivo e lavoro in Italia da quattordici anni quindi posso affermare di essermi gradevolmente “italianizzato”. Tuttavia, mi muovo con la consapevolezza che il tronco d’albero in acqua ci può stare per secoli ma non diventa mai un coccodrillo. Sono tra coloro che hanno lasciato tutto sulla strada della speranza senza dimenticare nulla.
Si tratta di una favola dedicata ai giovani e anche agli adulti? Ci può, infine, anticipare il significato del titolo scelto per il libro: “Il tempo dalla mia parte”?
Il romanzo parla ai giovani ma anche ai meno giovani. Parla della necessità di aprire nuovi orizzonti, perlustrare nuovi mondi per evolversi. La drammatica situazione economica del sud del mondo si scontra con l’intrappolamento sociale di cui soffre il nord. Il migrante di oggi si allontana dai suoi affetti e dai suoi effetti, convinto di potersi realizzare dall’altra parte della barriera. Crede possibile una decolonizzazione dell’immaginario ma si ritrova tra due fuochi incrociati: la sua comunità che è spesso remissiva e il pensiero dominante che lo vuole invisibile nelle città. Il migrante di oggi rifiuta di essere solo braccia ma cerca di far capire una valenza culturale e sociale che alberga in lui e che l’uomo di strada ignora. Il migrante cerca di dare un senso al suo stare in questo Paese, investe ed accetta di dare al tempo, il tempo di produrre il suo effetto. Non si nasconde, va verso l’altro con la convinzione che chi non conosca sia semplicemente un libro che aspetta di essere letto e non vuole privarsi di quella lettura. Il problema è che l’albero non più alto di te, non ti potrà mai dare l’ombra di cui hai bisogno. Quindi, con il tempo, il migrante si ritroverà nelle mani un patrimonio storico-culturale di un valore inestimabile di cui il popolo italiano avrà avuto poca cura. Speriamo che ci pensi lui, a valorizzarlo.
intervista a cura di Alessandra Montesanto
IL RISCATTO di e con Mohamed BA
Nascere e crescere nel sud del mondo, coltivare l’idea ingenua, intollerabile, indegna di gente moderna, che il mondo è nostra patria comune e che, prima che la morte ci accolga tutti, secondo le credenze e i riti di ognuno, la terra che calpestiamo è di noi tutti. E così è il mare che la avvolge e il cielo che ci disseta capricciosamente. Ritrovarsi in mezzo al nulla assoluto, armati di solo speranza di essere visti, di essere notati, di essere salvati. Il riscatto è uno spettacolo che ci porta a toccare con mano tutto quello che bisogna sapere del fenomeno migratorio e forse capiremo almeno un perché, tra gli altri mille perché.
CASA MUSEO in memoria di EMILIO TADINI- arte, cultura, eventi – Milano