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Emilio Tadini e Milano ne parlano Raccis e Turazzi: Una nuova sintassi per il mondo e Milano di Carta.

Giacomo Raccis autore  di Una nuova sintassi per il mondo. L’opera letteraria di Emilio Tadini, e Michele Turazzi, autore di Milano di Carta, presenteranno i loro due libri giovedì 24 maggio alle ore 19 presso la Casa Museo Spazio Tadini. Si muoveranno per le strade della città, seguendo le tracce di personaggi e scrittori che l’hanno raccontata, attraversando i decenni.

ritratto emilio tadini
Emilio Tadini nel suo studio in via Jommelli, 24

Emilio Tadini è sempre stato legato alla città di Milano. Sfondo decisivo dei suoi romanzi, Milano è stata il palcoscenico della sua lunga attività di artista, ma anche l’oggetto di tante sue riflessioni. D’altra parte Milano è una città che, nel Novecento, ha occupato un ruolo centrale nella letteratura italiana – e non solo – grazie all’attenzione che gli scrittori le hanno dedicato, descrivendola, raccontandola e attraversandola. Da Ernest Hemingway a Elio Vittorini, da Alda Merini a Giorgio Scerbanenco, dall’ingegner Gadda a Giovanni Testori, da Lalla Romano fino, appunto, a Emilio Tadini, tanti sono gli autori che hanno eletto la “città che sale” a scenario dei loro racconti, rendendola spesso protagonista, grazie alle sue vie, ai suoi palazzi e alle sue luci.

 

Giacomo Raccis, autore di Una nuova sintassi per il mondo. L’opera letteraria di Emilio Tadini, e Michele Turazzi, autore di Milano di Carta, si muoveranno per le strade della città, seguendo le tracce di personaggi e scrittori che l’hanno raccontata, attraversando i decenni: si parlerà della Milano di inizio Novecento idealizzata dallo sguardo “forestiero” di Hemingway e di quella della lotta partigiana immortalata da Vittorini; si rievocheranno i tormentati anni del boom economico che affiorano nelle pagine dell’“arrabbiato” Bianciardi e nei drammi degli emarginati di Testori, ma anche le atmosfere luccicanti degli anni Ottanta, tra new age, droghe e night club, attraversate da Prospero nella Tempesta di Tadini. E si arriverà infine a guardare quello che è Milano oggi, città che cambia sempre, obbligando gli scrittori a esercizi di prospettiva di volta in volta più difficili.

Una nuova sintassi per il mondo. L’opera letteraria di Emilio Tadini (Quodlibet 2018) è la prima monografia dedicata all’intera produzione letteraria di Emilio Tadini, scrittore “eccentrico”, ma di sicura attualità nel panorama del secondo Novecento italiano.

Giacomo Raccis è ricercatore all’Università di Bergamo. Ha studiato a lungo l’opera di Emilio Tadini, di cui ha curato una raccolta di testi critici («Quando l’orologio si ferma il tempo ritorna a vivere». Scritti 1958-1970, il Mulino 2017). Si occupa prevalentemente di romanzo storico, di letteratura italiana degli anni Zero e di racconto breve. Ha pubblicato La trama (Carocci 2018). È cofondatore della rivista culturale La Balena Bianca.

Milano di carta (Il Palindromo 2018) è una guida letteraria della città, un reportage narrativo sulle tracce dei grandi scrittori del Novecento. Uno strumento originale per lanciarsi alla scoperta della metropoli meneghina e incontrare gli autori e le autrici che l’hanno raccontata, i personaggi che l’hanno vissuta.

Michele Turazzi vive a Milano e lavora nell’editoria. Cofondatore dell’agenzia letteraria Pastrengo, collabora con studio pym e fa parte della redazione della rivista culturale La Balena Bianca. Ha pubblicato il racconto lungo La voglia (Intermezzi 2014), oltre ad articoli e testi narrativi in varie riviste.

Casa Museo Spazio Tadini via Niccolò Jommelli, 24 Milano fondata da Francesco Tadini e Melina Scalise, per visitare anche la casa museo con visita guidata 5 euro.

Libri: Luisa Ferrari presenta Bar all’angolo

Giovedì 30 novembre alle 18:30 alla Casa Museo Tadini in via Jommelli 24 a Milano verrà presentato il primo libro di Luisa Ferrari, la raccolta Bar all’angolo e altri racconti.

Il volume, edito dal Seme Bianco di Roma, nasce dopo anni di lavoro nelle carceri
milanesi, dove Luisa Ferrari continua a tenere i suoi corsi di scrittura. L’assiduo contatto
con le storie personali – a volte dolorose, a volte tragiche – dei detenuti, filtrato attraverso la sua storia personale, è stato la molla che ha fatto scattare l’esigenza di scrivere.
L’autrice, che è stata insegnante di lettere e filosofia al liceo, dopo un volume di storia
della letteratura italiana edito dalla SEI e un manuale di Bioetica per i tipi di AnankeLab di Torino, si cimenta per la prima volta con la forma a lei più congeniale, il racconto.
Così Luisa Ferrari parla dei suoi racconti: “Sono come sfere, più o meno grandi, di
materiali differenti, che nascondono momenti e situazioni in cui i protagonisti traghettano da una iniziale fiducia, da un’attesa quasi sicura che tutto può procedere secondo le aspettative e le promesse, alla scoperta che gli eventi incrinano quella fiducia, la trasformano in qualcosa d’altro o addirittura la rompono inesorabilmente. Proprio perché quelle sfere, che rappresentano mondi diversi e talora molto lontani, sono costruite in materiali differenti, possiedono la trasparenza del vetro, la lucentezza della ceramica o la morbidezza della stoffa, il modo in cui avviene la trasformazione può comportare un esito drammatico, semplicemente inaspettato o più probabilmente disturbante.”
Converserà con l’autrice Raffaele Mangano, giornalista, scrittore e direttore artistico del concorso letterario dedicato a Vitaliano Brancati.

La raccolta di racconti comprende dodici testi composti in momenti diversi, ma accomunati da un medesimo intento narrativo: afferrare una porzione di realtà, talvolta molto piccola, talvolta più ampia e dipanantesi per un certo numero di anni, a tracciare un percorso esistenziale caratterizzato da uno sguardo curioso e stupito verso il mondo. Sono come sfere, più o meno grandi, di materiali differenti, che nascondono momenti e situazioni in cui i protagonisti traghettano da una iniziale fiducia, da un’attesa quasi sicura che tutto può procedere secondo le aspettative e le promesse, alla scoperta che gli eventi incrinano quella fiducia, la trasformano in qualcosa d’altro o addirittura la rompono inesorabilmente. Proprio perché quelle sfere, che rappresentano mondi diversi e talora molto lontani, sono costruite in materiali differenti, possiedono la trasparenza del vetro, la lucentezza della ceramica o la morbidezza della stoffa, il modo in cui avviene la trasformazione può comportare un esito drammatico, semplicemente inaspettato o più probabilmente disturbante.

I protagonisti hanno età diverse: dalla bambina impaziente, a due uomini adulti spinti dall’ansia di perfezione, dalla donna matura timorosa del nuovo, a un gruppo di ragazze dalla preadolescenza all’età adulta alle prese con gli inciampi della vita, da un gruppo di ragazzini che si misurano con le piccole invidie e il gusto di mettere in scacco i “grandi”, alla giovane donna desiderosa di conquistare la propria autonomia, da un uomo solitario intento a inseguire un progetto di riscatto, alla scoperta dell’orrore che incrina il mondo perfetto di una bambina curiosa ; tutti indomiti, inesausti. Sono animati da buone intenzioni, fanno i loro conti, tentano di organizzare una vita ordinata e tesa al raggiungimento di uno scopo, ma qualcosa si increspa sulla superficie apparentemente liscia delle circostanze, qualcosa non torna, anche una piccola sbavatura, un cambio impercettibile di rotta mettono in discussione scelte e attese, progetti e speranze. Potrebbe apparire che si voglia in questi testi offrire una visione pessimistica del vivere, un disincanto che non conduce mai a una possibilità di autentica presa sulla realtà; non è questo il senso, piuttosto un richiamare l’attenzione alla necessità di pagare un prezzo, che un certo atteggiamento comporta. In questo caso è proprio lo sguardo curioso e stupito, per certi versi inoffensivo e disarmante, per altri quasi provocatorio e irridente, a richiedere che le carte vengano scombinate, attraverso un sottile gioco di crudeltà o semplicemente di accidenti fortuiti, che la trama del vivere offre a chiunque.

Come un reticolo a cui è impossibile sfuggire, nonostante tutti i contorcimenti, le ribellioni o gli espedienti: forse proprio in questa dinamica – perché queste esistenze non sono mai condannate all’immobilismo – si nasconde la possibilità di conseguire le attese, di perseguire lo scopo che si è a lungo covato, desiderato senza avvedersene, senza volerlo ammettere, anzi cercando altro, affannandosi su altro.

Luisa Ferrari

Nata a Ivrea, dove ha frequentato il liceo classico, si è laureata in Filosofia all’Università Statale di Milano. Ha insegnato Lettere all’istituto tecnico e Filosofia al liceo scientifico tecnologico. Dal 2009 si occupa di Bioetica organizzando seminari, conferenze e corsi di eccellenza per avvicinare gli studenti alle grandi tematiche etico/scientifiche della contemporaneità. E’ membro della Consulta di Bioetica, associazione culturale di respiro nazionale che promuove convegni, dibattiti e pubblica una rivista, Bioetica. Rivista interdisciplinare, sulla quale sono comparsi alcuni miei articoli.

Nel 2014 ha pubblicato come coautrice per la casa editrice SEI un’antologia di Letteratura per il biennio del liceo, dal titolo Leggere senza fine.

Nel 2015 ha pubblicato con Norma Trezzi un testo filosofico-scientifico dal titolo Questioni di Bioetica. Metodologie didattiche e strumenti, per la casa editrice ANANKElab di Torino.

Nel luglio 2017 ha pubblicato la raccolta Bar all’angolo e altri racconti, per la casa editrice IL SEME BIANCO di Roma.

Dal 2013 svolge lavoro di volontariato presso il Reparto “La Nave” del Carcere di San Vittore di Milano, organizzando un Laboratorio di scrittura creativa, che si è concretizzato nella pubblicazione di nove Antologie dei lavori prodotti dai partecipanti al Corso, per uso interno e degli addetti ai lavori (avvocati, magistrati, psicologi). Dal marzo 2016 svolge analogo lavoro presso la Casa di reclusione di Milano – Opera.

 

REAL ART VOLUME #3 – 2017 – arte e solidarietà

Torna la pubblicazione-portfolio d’arte a carattere benefico con opere uniche ed autografe di 13 artisti contemporanei

Dopo il successo della delle prime due edizioni, torna REAL ART, progetto artistico, nato con l’idea di realizzare annualmente una pubblicazione-portfolio con opere uniche ed autografe di artisti contemporanei e l’intero incasso devolverlo in beneficienza ad enti del territorio.

L’edizione del volume #3, limitata a 130 copie (100 destinate alla diffusione), presenta lavori unici di:

Andrea Bassani

Gianni Cella

Mattia Consonni

Mario De Leo

Marcello Diotallevi

Nataly Maier

Renzo Nucara e Carla Volpati

Claudio Parentela

Peter Hide 311065

Alfredo Rapetti Mogol

Tobia Rava’

Isabella Rigamonti

Tetsuro Shimizu

 

Il progetto ha saputo coinvolgere artisti, stampatori, editori, giornalisti uniti nel nome dell’arte e dalla solidarietà. Il ricavato dell’alienazione, infatti, ogni anno andrà a sostenere un’associazione che opera senza fine di lucro sul territorio. Quest’anno il contributo verrà devoluto alla “MENSA DEI POVERI DI VIA B. LUINI” di Varese, gestita dalle suore della Riparazione -ORFANOTROFIO FEMMINILE ADDOLORATA-  che fornisce, tramite donazioni e volontari, più di 300 pasti giornalieri a famiglie in momentaneo stato di bisogno.

Il volume originale e interdisciplinare coinvolge artisti anche molto differenti tra di loro, invitati a confrontarsi, rimanendo aderenti al loro percorso artistico, al concetto di serialità all’interno di un lavoro “unico”.

Ciascun artista è presente nel volume con una doppia pagina: un’opera stampata ed una originale applicata, una sorta di piccolo museo su carta, che invita ad un rapporto anche tattile con il prodotto artistico.

Il progetto ha avuto, già nelle sue fasi embrionali, grande sostegno da parte di sedi museali ed istituzionali, tanto da inserire REAL ART all’interno di un percorso itinerante tra alcune realtà importanti della provincia. Il volume sarà disponibile nelle migliori librerie di Varese e provincia, nei bookshop del Museo MA*GA di Gallarate, Museo Bodini di Gemonio, Museo Parisi Valle di Maccagno con Pino e Veddasca, Spazio Casa Museo E. Tadini di Milano, Galleria Biancoscuro di Pavia, Galleria Cart 70-10 di Monza, Meeting Art di Vercelli, Showcases Gallery di Varese.

Una lunga rassegna tra le istituzioni coinvolte presenterà in fasi alterne il solo volume e/o il volume e le opere degli artisti coinvolti con importanti mostre e rassegne.

Queste le prime tappe a cui se ne aggiungeranno altre in fase di definizione:

SPAZIO-CASA MUSEO EMILIO TADINI di Via Nicolò Jommelli 24 a 20131 Milano il sabato 25-11-2017 alle ore 17.00. In questa sede ci sarà la PRESENTAZIONE del Volume. Si potrà al contempo visitare le mostre in corso tra cui “CENTESIMI, C’ERA UNA VOLTA LA PICCOLA ECONOMIA”.

GALLERIA CART 70-10 di via Sirtori 7 a 20052 Monza -MB- (zona villa Reale) presentazione del volume e MOSTRA dei 13 artisti invitati con inaugurazione il sabato 02-12-2017 alle ore 18.00.

MUSEO PARISI VALLE di Maccagno con Pino e Veddasca PRESENTAZIONE del Volume REAL ART sabato 09-12-2017 (ora da fissare ma presumibilmente alle 17.30) durante l’inaugurazione della mostra invernale “PAINTINGS, DRAWINGS, SCULPTURES AND OTHER… MOORE – Mostra d’arte in ricordo di Sir John Drake-Moore”

Per la fine di novembre il volume REAL ART #3-2017 sarà in visione e prenotazione-vendita presso la CASA D’ASTE MEETING ART di Vercelli al front desk.

Dalla fine di novembre il volume REAL ART #3-2017 sarà in visione e prenotazione presso gli stand della rivista BIANCOSCURO (media partner) IN TUTTE le maggiori fiere d’arte italiane ed estere.

Per la fine di novembre il volume REAL ART #3-2017 sarà in visione e prenotazione presso SHOWCASES GALLERY di Via San Martino della Battaglia, 11 a Varese.

 

    Calendario delle prime presentazioni ed esposizioni di REAL ART #3-2017

SPAZIO-CASA MUSEO EMILIO TADINI

Via Nicolò Jommelli 24 a 20131 Milano

PRESENTAZIONE – sabato 25 novembre 2017 ore 17.00 con l’occasione si potranno visitare le mostre in corso, tra cui “CENTESIMI, C’ERA UNA VOLTA LA PICCOLA ECONOMIA”.

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GALLERIA CART 70-10

via Sirtori, 7 – Monza

PRESENTAZIONE E MOSTRA DEI 13 ARTISTI INVITATI – sabato 02 dicembre 2017 ore 18.00

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MUSEO CIVICO PARISI-VALLE

Via Gianpaolo 1 – Maccagno con Pino e Veddasca

PRESENTAZIONE – sabato 09 dicembre 2017 ore 17.00 in occasione dell’inaugurazione della mostra invernale “PAINTINGS, DRAWINGS, SCULPTURES AND OTHER… MOORE – Mostra d’arte in ricordo di Sir John Drake-Moore”

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Per la fine di novembre il volume REAL ART #3-2017 sarà in visione e prenotazione-vendita presso la CASA D’ASTE MEETING ART di Vercelli al front desk.

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Dalla fine di novembre il volume REAL ART #3-2017 sarà in visione e prenotazione presso gli stand della rivista BIANCOSCURO (media partner) IN TUTTE le maggiori fiere d’arte italiane ed estere.

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Per la fine di novembre il volume REAL ART #3-2017 sarà in visione e prenotazione presso SHOWCASES GALLERY di Via San Martino della Battaglia, 11 a Varese.

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REAL ART  è un progetto di Franco Crugnola Studio di architettura, via San Martino, 11 , Varese

 

BIOGRAFIE DEI 13 ARTISTI CHE PARTECIPANO E HANNO DONATO LE LORO OPERE A  REAL ART #3-2017

 

Andrea Bassani

Andrea Bassani nasce nel 1954 a Martinengo (BG) dove attualmente vive e lavora. Artista autodidatta, ha frequentato diversi studi di pittori. Inizia la sua carriera artistica partendo dal figurativo per approdare successivamente a soluzioni astratte, che più si adattano ai suoi intenti comunicativi e al suo sentire artistico. Inizia a esporre nel 1971.

Le creazioni di Andrea Bassani vanno oltre il normale concetto di quadro. Superando il confine della tela, si trasformano in semi-sculture. Le tavole sono tagliate in diverse forme, per poi essere di nuovo cucite e assemblate fra loro, a creare un unico elemento inscindibile.

Forma e colore sono la sintesi perfetta del significato intrinseco delle opere. Esse rappresentano, infatti, una continua sperimentazione di forme e di colori. Così da un’opera appena ultimata, nasce il progetto per realizzarne una nuova, alla ricerca continua e instancabile della perfezione finale. “…Una ricerca che si spinge verso nuove spazialità mentali, psicologiche, intellettuali, governate da una fisicità occulta resa ancor più intima e recondita dalla presenza della tela che copre il costrutto interiore, apparentemente “pseudo-artigianale”, la cui metodica realizzativa trasforma l’uomo-artista in “Faber”; artefice del proprio destino, del modo in cui esso viene manifestarsi e ad esplicarsi…”. – (Giosuè Allegrini 2013)

 

Gianni Cella

L’artista è nato a Pavia nel 1953, è un visionario della vita, prolifico, polimorfico e caleidoscopico che vive in un perenne isolamento adolescenziale. Nel gennaio 2000 ha abbandonato il collettivo Plumcake per sentirsi responsabile del suo mondo creativo ed iniziare un nuovo percorso individuale tra disegno, pittura e scultura.

L’artista punta la sua attenzione, con i suoi rilievi plastici e le sue maschere allestite, sul senso di inadeguatezza sempre più crescente nei confronti di noi stessi e degli altri. I suoi personaggi sono l’allegoria dell’insensatezza, dell’immaginazione fantastica, caratterizzata tuttavia da uno sguardo affettuoso e buffo nei confronti della vita che attenua la malinconia.

Spesso le sue opere sono una grottesca e caricaturale visione di volti con un occhio solo, sbuffanti, a forma di stella o asteroide, a raccontare una realtà concreta ma nel contempo “psichica”, che narra di pulsioni nascoste, stati d’animo attraverso un bernoccolo, un occhio solitario, una smorfia. La scelta ci parla del senso destabilizzante della vicinanza con “la gente”, della difficoltosa relazione che viene a crearsi tra noi e gli “altri”, amici o nemici che siano. (Sabina Melesi)

I suoi lavori sono collocati nei più importanti musei e gallerie internazionali.

 

Mattia Consonni

“Musica per gli occhi” è il nome che meglio definisce la prolifica attività artistica di Mattia Consonni, Modellando principalmente vinili come materia pura e duttile, ma anche CD, seppur in minor parte, Mattia forgia nuove forme per i dischi, che integrati con le tele, assumono una nuova identità ispirata dall’ascolto degli amatissimi brani. Nascono, dunque, soggetti astratti e simbolici che svelano ed esprimono attraverso la sinergia del colore e dei materiali, le più svariate emozioni ed i messaggi che l’autore intenzionalmente vuole trasmettere per raccontarsi e raccontare.

Eloquente e di grande effetto è osservare come l’artista interpreti e si avvicini al significato del brano musicale che intende rappresentare nella maggior parte delle tele realizzate.

“Musica per gli occhi” propone uno stile inedito, un’arte contemporanea ed ecocompatibile, in cui gli oggetti in disuso, riciclati ed elaborati, acquisiscono una sorta di immortalità in una connotazione nuova, emozionante, eclettica che svela anticonformismo ed ironia.

 

Mario De Leo

Mario De Leo, pittore, musicista e poeta, nasce a Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, nel 1944.

Si trasferisce a Milano all’inizio degli anni ’60.

Negli anni Settanta alterna l’attività di pittore a quella di musicista collaborando con il maestro Giancarlo Disnann, curatore degli arrangiamenti di tutte le sue composizioni, raccolte nel primo LP dal titolo “Suonata Situazione”. L’eclettismo di De Leo lo porta a esplorare la scrittura, e nei primi anni Ottanta scrive il suo primo breve racconto, “Corpo Circuito”.

Alcuni testi poetici del1’artista sono inseriti nel volume “Canti dell’immigrazione”, edito da Garzanti (MI), “Antologia interdisciplinare per la scuola media”, edito Ape – Mursia, e “Canti sociali e politici”, edito da Gamma Libri (MI).

Con l’attore Moni Ovadia e il musicista Riccardo Sinigaglia (tra gli altri) fonda la cooperativa di musica popolare “l’Orchestra”. Insieme a Michele Straniero, etnomusicologo, dà vita allo studio nazionale di musica etnica. Riceve numerosi riconoscimenti nella veste sia di pittore che di musicista, e nel 1980 compone la colonna sonora del film “Sole, acqua, terra, vento”, della regista americana Jane R. Speiser, prodotto dal regista torinese Daniele Segre. Con Luigi Bianco, poeta, performer e giornalista, e altri artisti, fonda la rivista culturale “Osaon” e, in seguito, il bimestrale di interscambio culturale “Harta”. In quegli anni di grande fermento artistico, De Leo partecipa a premi, concorsi, rassegne tematiche ed esposizioni collettive in Italia e all’estero.

Nel 2011 viene segnalato da Vittorio Sgarbi per il progetto “54ma Biennale Internazionale d’Arte di Venezia – Padiglione Italia”, in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia.

 

Marcello Diotallevi

Marcello Diotallevi è nato il 24 aprile del 1942 a Fano.

Ha vissuto a Roma dal 1946 al 1974 dove, per un decennio, ha esercitato l’attività di restauratore presso il Laboratorio di restauro in Vaticano. Ha inizio in quegli anni anche la sua attività artistica all’insegna dell’irrequietezza. Come pittore prima, poi come scultore nei primi anni Settanta -, quindi per un po’ si occupa di grafica e infine inizia a scrivere. Sul finire degli anni Settanta hanno inizio le sue incursioni nell’area della Mail Art e della Poesia Visiva. In oltre quarant’anni di costante attività ha collaborato con suoi interventi a libri e riviste nazionali e internazionali. Ha allestito mostre personali nelle maggiori città italiane e all’estero, partecipando nel contempo a esposizioni collettive in tutto il mondo. Fa parte del gruppo di intervento artistico “I metanetworker in spirit”. Si occupa in prevalenza di Poesia Visiva, Mail Art, installazioni e libri d’artista. E’ l’autore della copertina della Guida al Musée National d’Art Moderne-Centre Georges Pompidou di Parigi (Hazan Editeur, 1983). Nel 2007 è invitato al 52° Biennale di Venezia, Eventi Collaterali, “Camera 312 – promemoria per Pierre”. Figura nella Storia dell’arte italiana del ‘900, Generazione anni Quaranta di Giorgio Di Genova, edizioni Bora, Bologna 2007. Dal 1974 abita a Fano.

 

Nataly Maier

Nataly Maier nasce a Monaco di Baviera, nel 1957, vive e lavora a Milano e Starnberg. Dopo gli studi di filosofia al Leibniz-Kolleg di Tübingen, frequenta a Monaco la scuola di fotografia. Dalla fine degli anni ’80 si dedica al superamento bidimensionale della fotografia, applicando alcune immagini su dei supporti tridimensionali, ri-attribuendo loro un valore plastico. Dal 2002 nella sua ricerca artistica emergono sconfinamenti verso la pittura, sempre concentrandosi sul colore stesso.

La sua prima mostra personale nel 1992 è alla Galleria L’Attico di Roma, ha esposto inoltre al Goethe Loft di Lione, nel 2001 installa una grande limone per la mostra Hommage an eine Sehnsucht alla Villa Romana di Firenze. Altre personali: presso Galleria Fumagalli, Bergamo, Galleria Il Milione, Milano, MEB arte studio, Borgomanero, Antonella Cattani a Bolzano contemporary, Galleria Artesilva, Seregno e alla Galerie Heufelder, Monaco. La Fondazione Calderara di Vacciago ha ospitato nel 2015 la sua mostra Pregnanza del colore.

 

Renzo Nucara e Carla Volpati

Il progetto ARBRE MAGIQUE che Renzo Nucara e Carla Volpati portano avanti da alcuni anni nasce dall’incontro dei singoli percorsi artistici: gli animali di Renzo Nucara e i personaggi immaginifici, chiamati Puppet di Carla Volpati. Popolato o ricreato con la leggerezza delle sue sagome sospese, l’albero si trasforma in un Arbre Magique, sorprendendo lo spettatore e al tempo stesso trasmettendo a chi lo guarda un messaggio di attenzione nei confronti della natura e salvaguardia della biodiversità. Renzo Nucara è tra i fondatori del gruppo Cracking Art. Alle installazioni con il gruppo ha sempre affiancato la sua ricerca artistica, che negli anni recenti si è focalizzata su opere in plexiglas: Stratofilm (strati di metacrilato che inglobano oggetti ritrovati o del quotidiano) e Shape (forme e animali che contengono altre forme). Carla Volpati ha iniziato il suo percorso artistico alla fine degli anni novanta, con opere composte da “frammenti di natura” (ciottoli, piccoli sassi) dall’impronta quasi zen per arrivare a sequenze più complesse, all’uso deciso del colore e a maggiore varietà di materiali. A partire dal 2010, con la serie “Made in Italy”, realizza cicli di opere: In fila per sette, Puppets e Inabox.

 

 

Claudio Parentela

Nasce a Catanzaro nel 1962, dove vive e lavora. Claudio Parentela è un illustratore, pittore, fotografo, mail artista, collagista, cartoonist, giornalista free lance…attivo da molti anni nella scena underground internazionale. Ha collaborato e collabora con tantissime zines magazines di arte contemporanea, letterarie e di comics in Italia e nel mondo. Scrive di sé:

“Amo disegnare e dipingere i forti contrasti, i contrasti assoluti, i contrasti ingarbugliati e contraddittoriamente annodati in inestricabili fili. Mi piace disegnare emozioni assolute e indescrivibili, cercare di comprendere quello che sento e che non riesco ad afferrare. Il pennello, la penna, l’inchiostro nero sono il mezzo elettivo, il bianco della carta è l’anima e la mente vuote…l’inchiostro le riempie di significato…dà loro forma e le deforma e le trasforma… e le consuma e si consuma in esse. Il bianco e il nero sono l’assoluto contrasto, l’eterna guerra che non ha mai inizio né fine…la guerra tra tutto e tutti, senza sopravvissuti…con tante vittime e con nessuna vittima…nella mia anima ci sono sempre stati così tante contraddizioni, il tempo e col tempo le ho ridotte di volta in volta le ho accorpate in poche contraddizioni in un’unica contraddizione, la contraddizione e opposizione palese, definita e nettissima del bianco contro e del nero. Amo descrivere le mille sfumature dell’animo umano, i mille pensieri che si mescolano con le emozioni, i colori, i rumori, nella mente, negli occhi, nell’inchiostro e d’inchiostro e di carta bianca… nel cuore trafitto e perennemente vincitore e vinto”.

 

Peter Hide 311065

Peter Hide 311065 (Franco Crugnola) nasce a Varese nella notte di Halloween del 1965.

Di sé scrive: “Ho scelto nel 2004 il nome d’arte Peter Hide 311065 (mi chiamo Franco Crugnola) derivandolo dall’ossimoro tra Peter Pan (noto sempiterno bambino buono) e mr. Hyde (la parte brutale e “cattiva” del dottor Jekyll). I due nomi hanno la stessa notorietà e rappresentano il primo il bene, l’innocenza, la purezza e la bellezza, il secondo il male, la cruenta e la forza bruta. Come nel romanzo di R. Stevenson ove la lotta impari che oppone il bene e il male tra Jekyll a Hyde, mette in gioco temi di grande suggestione, la metamorfosi e il doppio, lo specchio e il sosia, fino a toccare le corde più segrete e inconfessate dell’animo umano, cosi nei miei lavori cerco di ricreare il male che può prevaricarci attraverso un’immagine allegra e scanzonata.

Cerco di rappresentare attraverso immagini che fanno parte del nostro vivere quotidiano, ed apparentemente concilianti, gli opposti che esse stesse rappresentano e di aprire nella mente dello spettatore, che vorrà approfondirne la lettura, una porta immaginaria verso il pericolo della sopraffazione dell’effimero. In una società contemporanea, dove tutto è misurabile col e dal denaro e dove spesso si ha la sensazione che non solo il materiale ne sia soggiogato, ma anche l’immateriale, la parte più unica che contraddistingue l’individuo, il denaro, ha per me il valore simbolico di rappresentare il pericolo di una vasta decadenza culturale e per opposto il degrado che la sua mancanza ne produce. Non voglio rappresentare graficamente la povertà, la violenza fisica o psicologica, il degrado ambientale, ma neppure la bellezza generata solo ed unicamente dalla manipolazione della ricchezza, la sensazione di potenza quasi divina ed il sogno di felicità, ma voglio far riflettere su che cosa genera ciò per cui tutti noi ci affanniamo, viviamo e a volte moriamo: il denaro.”

 

Alfredo Rapetti Mogol

Nato a Milano nel 1961, la formazione artistica di Alfredo Rapetti Mogol risente del clima famigliare, dove da generazioni si respirano musica, letteratura, poesia. Giovanissimo, Rapetti è introdotto dal nonno materno, Alfredo De Pedrini, Presidente dell’Associazione Arti Grafiche, nell’ambiente artistico milanese, arrivando a maturare la passione per la pittura, alla quale si uniscono la formazione presso la scuola del Fumetto a Milano, le collaborazioni in ambito editoriale, mentre l’esercizio pittorico viene sperimentato in diverse direzioni, destinate a confluire, nel 1996, nello studio degli artisti Alessandro Algardi e Mario Arlati che invitano Rapetti a condividere con loro la ricerca pittorica. Nell’atelier di Via Nota Rapetti lavora quattro intensi anni, arrivando a maturare l’esigenza di coniugare le sue due più grandi passioni: la scrittura e la pittura, intendendole quali visualizzazioni del processo mentale e psicologico. Grazie ad una tecnica particolare, detta impuntura, l’azione del dipingere si fonde così con l’atto dello scrivere, e le parole iniziano ad essere segnate non solamente su fogli ma anche nelle tele.

Segni, tracce, graffiti di un’umanità creativa e consapevole, le opere di Rapetti proseguono quell’ideale tragitto di una scrittura pittorica che tanto più è universale, quanto più sa frantumarsi e confrontarsi con i secoli della storia dell’arte, dalle avanguardie storiche al concettuale, passando per le esperienze spazialiste di Lucio Fontana e le grafie astratte degli anni Cinquanta.

Trovata la forma espressiva congeniale alla sua poetica, fra la fine degli anni Novanta ed oggi è davvero notevole l’attività espositiva, sia personale che collettiva, conseguita dall’artista, instancabile come la sua opera sempre in viaggio fra l’Italia e il resto del mondo: universale, appunto.

 

Tobia Rava’

Tobia Ravà (Padova, 1959), lavora a Venezia e a Mirano. Ha frequentato la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia ed Urbino. Si è laureato in Semiologia delle Arti all’Università di Bologna, dove è stato allievo di Umberto Eco, Renato Barilli, Omar Calabrese e Flavio Caroli. Ha iniziato a dipingere nel 1971 ed espone dal 1977 in mostre personali e collettive in Italia, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Spagna, Brasile, Argentina, Cina, Israele, Giappone, Stati Uniti. È presente in collezioni sia private che pubbliche, in Europa, Stati Uniti, America Latina e in Estremo Oriente. Dal 1988 si occupa di iconografia ebraica. Nel 1993 è il promotore del gruppo Triplani, che, partendo dalla semiologia biplanare, prende il nome dall’ipotesi di un terzo livello percettivo derivato dall’aura simbolica, accanto a quelli del significato e del significante. Nel 1998 è tra i soci fondatori di Concerto d’Arte Contemporanea, associazione culturale che si propone di riunire artisti con le stesse affinità per riqualificare l’uomo ponendolo in sintonia con l’ambiente e rendere l’arte contemporanea conscia dei suoi rapporti con la storia e la storia dell’arte, anche interagendo espositivamente con parchi, ville, edifici storici e piazze di città d’arte. Dal 1999 ha avviato un ciclo di conferenze, invitato da università e istituti superiori d’arte, sulla sua attività nel contesto della cultura ebraica, della logica matematica e dell’arte contemporanea. Nel 2004 con Maria Luisa Trevisan ha dato vita a PaRDeS Laboratorio di Ricerca d’Arte Contemporanea a Mirano dove artisti di generazioni e culture diverse si confrontano su temi naturalistici e scientifici.

 

Isabella Rigamonti

Isabella Rigamonti nasce nel 1969 e dopo gli studi artistici ed un esordio nel campo pittorico figurativo, inizia un percorso di sperimentazione artistica di natura percettiva informale con tecniche e materiali espressivi inconsueti, che la porta, nel tempo, ad avvicinarsi alla fotografia.

L’artista da anni utilizza un linguaggio artistico originale in cui la fotografia è contaminata con il collage e rivolge la sua attenzione ad alcuni temi specifici.

I suoi “luoghi non luoghi”, abitati da architetture e personaggi dove gli equilibri fra gli spazi mutevoli diventano, grazie all’intervento artistico, aree di relazione e di immaginazione sorprendenti, ed i “riflessi”, in cui l’artista indaga le infinite possibilità che l’architettura ha di essere specchio storico e sociale e generatrice di contesti urbani sempre nuovi.

Negli ultimi anni ha intensificato la sua presenza nel settore artistico partecipando a numerose mostre personali e collettive in gallerie private e spazi museali.

Diverse sue opere sono presenti in musei pubblici e collezioni private.

Nel 2017 è stata invitata ad esporre in Padiglione Tibet durante la 57° Biennale d’Arte di Venezia.

 

Tetsuro Shimizu

Tetsuro Shimizu è nato a Tokyo (Giappone) nel 1958. Nel 1987 si trasferisce in Italia, a Milano, dove si diploma in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera.

Il lavoro di Tetsuro Shimizu parte da una solida conoscenza del lessico dell’Informale per spingersi quasi verso una negazione dello stesso. L’artista pratica una pittura che conosce bene i suoi confronti e che riesce continuamente a mettersi in rapporto con una prospettiva di ricerca. Se la texture punta a ricavare un effetto di densità e movimento attraverso il colore, l’impianto dei lavori tende a creare una direzione di fuga e di frammentazione dei piani di superficie, che raffredda e nega l’assunto pittorico. Accade che la stessa immediatezza e splendida brutalità dell’Informale, entri in conflitto con una scansione degli spazi visivi che frammentano l’unità originaria. Se la pittura gestuale possiede la caratteristica di dare rappresentazione immediata al pensiero e all’emozione, Shimizu consapevolmente rompe l’unità di luogo e azione. In questo modo crea dei lavori concettualmente elaborati, in cui l’idea compositiva è calcolata e mai affidata alla casualità del momento. Per questi motivi il suo lavoro risulta interessante e nuovo. Lo spazio non è abbandonato al flusso che però mantiene intatta la sua pienezza e forza. Lo spazio viene rilanciato in una forma che è chiusa eppure modulabile. Le opere di Tetsuro vengono fuori dalla parete, non ne sentono più i vincoli, ma vogliono abitare lo spazio. Se i segmenti delle opere lasciano dei vuoti delle fessure, è l’idea di pittura a riempirli. Quindi l’incertezza diventa provvisoria e serve a stabilire un contatto con lo spettatore. L’artista crea uno spazio ibrido, poetico ed indefinito, in cui gli elementi dell’opera accennano ad un linguaggio comune. (Valerio Deh)

Dal 1985 espone le sue opere in gallerie private, spazi pubblici in Italia e all’estero.