L’arte al silicone di LUCA MORETTO a Spazio Tadini dal 14 aprile al 5 maggio

Luca Moretto

Painting oil & silicone art

con la collaborazione di Saratoga, Staygreen e Mungo

Spazio Tadini Dal 14 aprile al 5 maggio

INAUGURAZIONI

  • 14 APRILE PRIMA TAPPA ore 18.30

Via Niccolò Jommelli, 24 Milano

 Un’esposizione singolare quella che Luca Moretto, artista veneto, propone presso la casa museo Spazio Tadini: un percorso in due tappe tra arte e design coinvolgendo aziende come Staygreen, Saratoga e Mungo. A Spazio Tadini sarà esposta la lampada Marilyn di Staygreen – alta quasi 3 metri e realizzata con materiali ecosostenibili, come i fogli di cartone a doppia onda e le colle naturali ricavate dall’amido dei piselli e diverse opere dell’artista tra cui oggetti che, attraverso il silicone, sono stati resi icone del contemporaneo come la mini Bugatti.

Scrive Francesco Tadini:

“La Pop Art ci ha fatto innamorare delle pubblicità e dei marchi della civiltà dei consumi. Li ha riprodotti all’infinito in un gioco di specchi dove arte, bellezza e denaro hanno camminato insieme per un lungo periodo (….) I colori accesi e puri delle opere di Luca Moretto possono richiamare la Pop Art ma la sostanza delle sue scelte sono quanto di più lontano dalla celebrazione della “misura d’uomo” di un’economia ormai sul viale del tramonto. E le alleanze dell’artista con aziende legate all’architettura e al design ci sembrano basilari nel definire un orizzonte artistico vicino al sogno dell’”arte totale” di cui fu protagonista, piuttosto, il Bauhaus. Gli oggetti ridisegnati da Moretto acquisiscono unicità, non nascono per essere moltiplicati. Diventano icone di un nuovo patto. E ancora..

“Il silicone sigilla, fissa, aderisce e, soprattutto, è bello al tatto. Chi l’avrebbe detto che aziende come Saratoga e Mungo sarebbero state mecenati di un artista? Perché più che parlare di sponsorizzazione di una mostra, in questo caso, viene da raccontare come le due aziende abbiano aderito a un programma artistico di ricerca. La passione per le opere realizzate da Luca Moretto è venuta prima della convenienza a utilizzarne il carattere a fini semplicemente pubblicitari. Il silicone – la materia della quale le più grandi creazioni dell’architettura contemporanea si servono in abbondanza e senza la quale non sarebbe possibile nemmeno pensarle – con i lavori di Moretto diventa bello: sinonimo di leggerezza e della voglia di sfidare il tempo e la caducità della vita. “…la vera ispirazione è proprio il dolore. Le mie opere sono la mia voglia di correre, di ridere, di giocare, di andare in moto, di camminare…” scrive lo stesso artista. “Il silicone è un materiale molto forte, resistente e anche se viene toccato mille volte non si rovina, come il corpo umano.” Viene da pensare al silicone come al marmo del terzo millennio”.

Scrive Rosanna Cotugno:

“ La creatività dell’artista nasce dal vissuto e dalle ricche esperienze interiori maturate nel tempo. Questo, unito a un ingenito talento, lo proietta nel magico mondo dell’arte dandogli la facoltà di creare opere miste di arte e design, riuscendo, così, a comunicare tramite i suoi preziosi tasselli di gomma siliconica e il bianco spazio che lo attornia. La conoscenza di tale pigmentazione, aiuta Moretto a dare origine a un’arte, seppur singolare, realizzata utilizzando copiose quantità di silicone colorato fondendo oculate razioni alchemiche senza curarsi della ricerca di emblemi o correnti artistiche che lo rappresentino. Luca Moretto ci sta insegnando a comprendere che un semplice e comune silicone, materiale povero ma estremamente versatile, utilizzato per isolare, riempire, sigillare, incollare e non solo, può essere sfruttato e maneggiato per dare origine a un’arte ricercata e di rara bellezza”.

 

BREVE BIOGRAFIA

Luca Moretto nasce a Jesolo (VE) nel 1976. Intelletto inquieto e personalità centrata sulla sensazione, frequenta, appena adolescente, l’Istituto Statale d’Arte I.S.A. di Venezia. Subito si appassiona al lavoro in laboratorio di oreficeria, ma il pensiero verbale che domina il sistema formativo lo annoia e lo frustra e presto abbandona la scuola. La consapevolezza di essere un abile inventore di oggetti, però, ha aperto una breccia di luce nuova e, nonostante svolga lavori lontani dall’arte, comincia a lavorare diversi materiali creando oggetti di uso quotidiano o pure invenzioni estetiche. Disegna, e realizza con l’aiuto della madre, un golf in cotone, in cui si profila il tema della campitura cromatica che sarà presente in molte opere. Ristruttura la sua camera da letto, eseguendo mosaici con cocci di piastrelle, con un gusto simile ad un Gaudì per lui ancora sconosciuto. Dipinge una “VESPA 50” secondo i canoni di una personalissima PopArt. Segue un corso di arredamento e decorazione d’interni. Poi, a ventitré anni, nel 1999, un incidente stradale cambia la sua architettura esistenziale: una ferita malcurata, una discesa vertiginosa negli abissi del dolore fisico, un calvario di sale operatorie e morfina fino alla perdita di una parte del proprio corpo, sono la sua dolente iniziazione. La paura e il dolore sono grandi ispiratori d’arte, perché mettono in contatto l’essere con dimensioni sconosciute e affascinanti. Luca Moretto ne sente il richiamo irresistibile. Un anno dopo, per fare dei regali a degli amici che gli erano stati vicini in ospedale e fuori, dipinge piccole anfore, disegna un nuovo pullover e dipinge una serie di piatti in terracotta e poi nel 2005, si iscrive ad un corso di pittura per acquisire una maggiore padronanza di quelle tecniche che il suo intuito ha già fatto sue. E quella morte sfiorata, fa nascere in lui un nuovo io che si rivela artista.

TESTO INTEGRALE DI FRANCESCO TADINI SULL’OPERA DI LUCA MORETTO-

A MISURA D’UOMO

1 – Misura d’uomo

Che cosa intendiamo quando utilizziamo l’espressione “a misura d’uomo”? Non ci riferiamo a qualche dismisura, a qualche eccesso – da noi stessi generato – che va riportato nei limiti di una grandezza che non ci metta a disagio? Non stiamo forse parlando della capacità umana di spersonalizzarsi divenendo un semplice ingranaggio di un mondo produttivo e, quindi, di riconsiderare la scelte che disumanizzano anche gli habitat da noi edificati?

E ancora: quando parliamo del rapporto tra uomo e natura – o tra natura e cultura – non siamo spinti a ripensare ad una misura d’uomo ben diversa da quella che il lavoro dell’uomo (dopo due rivoluzioni industriali) ha costruito anche a danno dell’ecosistema globale e della sua armonia generatrice di vita?

 

2- Ore 16 di un giorno qualunque: incontro con la misura.

Arriva Luca Moretto a Spazio Tadini. Vuole farmi vedere cosa fa. Mi colpisce il volto: ha lo sguardo dell’intelligenza e della vivacità, miste a una qualche forma di dolore. Mi racconta la sua storia. La sindrome dell’arto fantasma: la sensazione di persistenza di un arto dopo la sua amputazione, con relativo dolore. Insopportabile, penso io. Mi chiedo come faccia a vivere. Ma ho immediatamente la risposta: Luca è la dimostrazione vivente di come ci si possa rialzare, nella vita, grazie alla volontà ferrea e all’arte. Mi mostra le sue cose. Il suo lavoro tra lo scultoreo e il pittorico. La materia delle sue creazioni, il silicone. I colori fantastici e i volumi biomorfi che le sue mani hanno reso possibile. Utilizza una materia industriale (pur derivata da un elemento naturale come il silicio, secondo elemento per abbondanza sulla Terra dopo l’ossigeno) come un marmo fluido nelle mani di un Michelangelo bambino. Ci trovo tutto? Tutto quello che cerco? Sicuramente arte. Certamente originale. Ma forse, più di ogni altra cosa, la misura. La misura d’uomo.

 

3 – L’arte crea un organismo.

Non era esattamente ciò che cercava Gaudì, la misura d’uomo, con quelle sue architetture simili a organismi viventi: un luogo per vivere la cui forma stessa – estetica – derivi dalle leggi della natura alle quali sottostà? E non è stato, in generale, proprio con lo Jugendstil, l’Art Nouveau, il Liberty che si è resistito ad un’insita tendenza della razionalizzazione industriale ad annullare (allontanare?) la fluidità della forma naturale troppo difficilmente riproducibile su vasta scala in un processo di replica all’infinito per il consumo di massa?

Lo Jugendstil rappresentò il punto più elevato della tendenza “fitomorfica” dell’art nouveau europea. Le piante e i fiori – lo stile floreale – sono servite a produrre il nuovo. La vita – una necessaria moltiplicazione di forme che evolvono in ragione della sopravvivenza – ha prevalso sulla modernità troppo stretta della catena di montaggio. Il corpo non stava in un vestito troppo corto: fuori misura.

 

4 – Gioco e realtà.

Le creazioni di Luca Moretto sono un vestito molto comodo e caldo. E, come i colori che sceglie, mi portano indietro con la memoria. A quando ero bambino e disegnavo con tutta libertà: segni che non si ponevano il problema della raffigurazione o dell’astrazione. Come qualunque bambino facevo la mamma blu e il papà rosso. Oppure il contrario. E le proporzioni non erano dettate dalla realtà della misura. La mamma poteva crescere a dismisura rispetto al papà e le case erano, spesso, più piccole della “realtà”. I colori della Bugatti di Luca Moretto (replica della Bugatti B35 del 1930) esaltano la stupenda infantilità dello sguardo e scatenano emozioni assolutamente a misura d’uomo. L’automobile giocattolo, così, diventa più grande … e più vera del vero. Cioè: emozionante.

Ecco: forse, se dovessimo definire che cosa è un’emozione (da dizionario “processo interiore suscitato da un evento-stimolo rilevante per gli interessi dell’individuo) potremmo dire che è qualcosa che si prova quando la realtà prende consistenza di utilità al fine di vivere meglio.

 

5 – Icone e modernità.

Le icone, in arte, hanno rappresentato una assoluta innovazione: il simbolismo e la loro tradizione sacra non modificavano solo l’aspetto pittorico, ma si spingevano alla preparazione, al materiale utilizzato e alla collocazione in luoghi particolari. I volti dei santi delle icone sono chiamati liki: vuole dire fuori dal tempo, trasfigurati. Quando parliamo di icona, anche oggi, ci riferiamo a una proprietà che trascende il tempo: portiamo dentro a un personaggio o a un oggetto qualità aggiuntive: lo trasfiguriamo a vantaggio dell’esempio, per servircene. I materiali – colori e siliconi – di Luca Moretto stanno agli oggetti del presente – i veicoli e i prodotti del miglior design – come le riproduzioni fotografiche di Andy Warhol stanno a Marilyn. Marilyn Monroe è l’icona della femminilità, potremmo dire, come la Vespa Venice e la lampada Marilyn di Staygreen reinventate da Luca Moretto ne fanno icone della modernità. Non a caso la Vespa di Moretto è già in un Museo così come la lampada Staygreen realizzata dall’artista – inondando di siliconi colorati il cartone a doppia onda – sarà protagonista di un Fuorisalone e, soprattutto, di un Expo 2015 consacrato ai temi dello sviluppo sostenibile (alimentazione, in primis).

 

6 – Marmo fluido

Il silicone sigilla, fissa, aderisce e, soprattutto, è bello al tatto. Chi l’avrebbe detto che aziende come Saratoga e Mungo sarebbero state mecenati di un artista? Perché più che parlare di sponsorizzazione di una mostra, in questo caso, viene da raccontare come le due aziende abbiano aderito a un programma artistico di ricerca. La passione per le opere realizzate da Luca Moretto è venuta prima della convenienza a utilizzarne il carattere a fini semplicemente pubblicitari. Il silicone – la materia della quale le più grandi creazioni dell’architettura contemporanea si servono in abbondanza e senza la quale non sarebbe possibile nemmeno pensarle – con i lavori di Moretto diventa bello: sinonimo di leggerezza e della voglia di sfidare il tempo e la caducità della vita. “…la vera ispirazione è proprio il dolore. Le mie opere sono la mia voglia di correre, di ridere, di giocare, di andare in moto, di camminare…” scrive lo stesso artista. “Il silicone è un materiale molto forte, resistente e anche se viene toccato mille volte non si rovina, come il corpo umano.” Viene da pensare al silicone come al marmo del terzo millennio.

 

7- Vedere e toccare: “misura d’uomo.2”

La Pop Art ci ha fatto innamorare delle pubblicità e dei marchi della civiltà dei consumi. Li ha riprodotti all’infinito in un gioco di specchi dove arte, bellezza e denaro hanno camminato insieme per un lungo periodo. “Making money is art and working is art and good business is the best art” affermava Andy Warhol. Erano anni nei quali l’affermazione del brand unificava la rincorsa al successo di un’umanità in ricostruzione dopo due conflitti mondiali. Noi, oggi, ci poniamo nuove domande e ci innamoriamo di prodotti che a queste domande rispondano. Sarebbe difficile flirtare con le zuppe Campbell’s, sinonimo di fast food, allo stesso modo di Warhol. I colori accesi e puri delle opere di Luca Moretto possono richiamare la Pop Art ma la sostanza delle sue scelte sono quanto di più lontano dalla celebrazione della “misura d’uomo” di un’economia ormai sul viale del tramonto. E le alleanze dell’artista con aziende legate all’architettura e al design ci sembrano basilari nel definire un orizzonte artistico vicino al sogno dell’”arte totale” di cui fu protagonista, piuttosto, il Bauhaus. Gli oggetti ridisegnati da Moretto acquisiscono unicità, non nascono per essere moltiplicati. Diventano icone di un nuovo patto.

 

8 –

Totem della mostra a Spazio Tadini è Marilyn, frutto di ricerca rigorosa e di alleanza con le regole di un umanesimo, rispettoso della natura. La grande lampada Staygreen – alta quasi 3 metri e realizzata con materiali ecosostenibili, come i fogli di cartone a doppia onda e le colle naturali ricavate dall’amido dei piselli – diventa, con l’intervento di Moretto, monumento / documento di un 2015 proclamato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite Anno internazionale della Luce. Marilyn rappresenta il patto tra cultura materiale e arte, tra tecnologia del risparmio energetico ed energia sintetica di un artista capace di incarnare – con i suoi colori / materia – lo spirito del presente. Se viviamo l’attimo in bilico tra la voragine del passato e le vette future, potremmo farci spingere – gioiosamente – dalle opere di Luca Moretto a cogliere una nuova misura d’uomo.

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